The Cousine Press
Prestigiosa rivista culinaria giapponese 30 luglio 2018
Articolo dedicato alla presentazione della azienda PachinEat e del suo laboratorio di Pachino.
Traduzione in italiano del testo che appare nell'articolo giapponese.
Il pomodoro non è italiano ma lo è diventato.
Gli spaghetti al pomodoro sono stati, ben più di Garibaldi, i veri artefici dell’unità nazionale.
La prima ricetta, datata 1837, è stata pubblicata non a caso a Napoli, città dalla mille bellezze e dalle mille sventure.
Gli spaghetti al pomodoro ci aiutano a reagire a tutto quello che la vita ci mette di traverso, alle cose che non vanno,
alle persone che ci lasciano, alle situazioni che ci pesano.
Il pomodoro è il cibo più sensuale; cosa c’è di più elementare e profondo di un buon pomodoro di stagione?
Il pomodoro è poetico, almeno per me.
L’ultima poesia che ho letto mi è stata suggerita dalla pubblicità televisiva del pomodoro Mutti,
dove le immagini di frutti maturi e sugosi erano accompagnate da parole alate tratte dall’Ode al pomodoro”
di Pablo Neruda. Sono andato a leggermela tutta e, ve lo assicuro, ne vale la pena.
Un cammino opposto al mio, dalla letteratura al pomodoro, ha fatto Eugenio Picchi, toscano di Pontedera.
Responsabile di reparto di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R., il più grande ente
pubblico di ricerca italiano), specializzato in linguistica computazionale (e qui cominciamo con i paroloni:
è il processo che consente di far comprendere al computer automaticamente il significato delle parole all’interno
di una frase o di un testo).
Eugenio è stato, tra le altre cose in un curriculum da genio italiano, coautore di una raccolta di 1000 opere
della letteratura italiana in CD Room ed ora è felice produttore di altrettanto geniali conserve con la sua ditta
PachinEat, a Pachino appunto, in Sicilia.
Qualcosa di Pachino ve lo devo pur dire: è situata su di un promontorio all’estremo sud est della Sicilia,
lambita da due mari, lo Ionio e il Mediterraneo che lì si incontrano. Le spiagge sono bellissime e l’acqua,
di un limpido azzurro sulla parte Ionica, diventa verde smeraldo a causa dei fondali del Mediterraneo.
Il nome deriva dal greco antico “pachys”, abbondante, fertile. Oggi è famosa per i pomodori.
“Sono i due mari, i venti e le falde acquifere salmastre – dice Eugenio – a creare l’ambiente ideale per la coltivazione.
Siamo venuti la prima volta a Pachino in vacanza nel 1997 e abbiamo preso una villetta in affitto per tre anni di seguito.
Nel 2000 abbiamo comprato casa, da stranieri.
D’estate, quando i pomodori erano stramaturi e non si potevano più raccogliere per vendere, li compravamo noi del
posto e, per un po’ di giorni, in tutte le famiglie si faceva la passata. Anche noi la facevamo, per tutto l’anno.
Ci eravamo abituati a quel gusto intenso, gli altri pomodori non ci piacevano più”.
La terra di Pachino produce in effetti i migliori pomodori “ciliegini” del mondo.
A questi si aggiungono il costoluto invernale “marinda”, dalla consistenza soda e croccante, il dolcissimo
ed intenso “datterino”, con pochi semi all’interno, polpa marcata e pelle sottile ed il “piccadilly”, che cresce
a grappoli, ottimo per le salse ma anche per le insalate.
“Nel 2013, una delle tante ristrutturazioni degli enti pubblici, portò un nuovo consiglio di amministrazione al C.N.R.
che tagliò alcuni fondi alla ricerca e, da un giorno all’altro, senza troppi riguardi, a 65 anni mi trovai in pensione.
Altri, nella mia posizione, vanno avanti una vita a fare consulenze; io decisi di cambiare vita e di dedicarmi ai pomodori.
Naturalmente, il mio skill era quello dell’innovazione…”: Così alle passate, alla polpa e ai pelati, ai pomodori al naturale,
tutti da pomodori selezionati dai migliori produttori tra Pachino e Portopalo ecco aggiungersi il primo prodotto
alla ricerca della meraviglia: l’Eau de PachinEat, acqua di pomodoro “marinda”, anzi anima del pomodoro estratta
con metodi semplici e naturali nel momento migliore. Subito utilizzata dai grandi chef per le loro ricette mette
la creatività anche a disposizione della cucina di casa.
“Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua salata per 4 minuti, scolateli e, coprendo con un coperchio, fate terminare
la loro cottura nell’acqua di pomodoro. All’ultimo aggiungete basilico tritato.
E’ una ricetta che può cambiare la vostra estate “- dice sorridendo Eugenio.
Lavora con la moglie Enrica, già professoressa di lettere e con il figlio Andrea, ventisettenne che ha portato un surplus
di energia e di passione.
Ed ecco partire la linea “StarDust”, con polveri di vari elementi oltre, naturalmente, al pomodoro: capperi,
cipolla di Giarratana, arance tarocco.
L’ultima novità, una vera e propria delizia del palato, è il datterino candito, una prelibatezza che trova nuovi
ambiti di applicazione tanto in cucina quanto nel settore della pasticceria.
Ho assaggiato la Colomba al Pomodoro candito della Nuova Dolceria di Ferla e sono rimasto impressionato.
Presto, mi dicono, uno dei miei produttori di panettone preferiti lo userà e non ne vedo l’ora.
“La commercializzazione dei prodotti - dice Andrea - è rivolta principalmente alla ristorazione di qualità,
a pizzerie gourmet e specializzati, anche se alcuni prodotti del nostro listino, sono studiati per l’utilizzo
nel settore della mixology, incontrando l’attenzione da parte di rinomati bartender con approcci innovativi
alla preparazione dei tradizionali coktail.
Al momento la commercializzazione avviene in gran parte in Italia, con alcune nicchie di riferimento a Parigi e a Londra”.
Pomodorini al naturale in acqua di pomodoro, acqua di cipolla di Giarratana, polvere del limone femminello siracusano,
origano siciliano, polvere di finocchietto selvatico… Dai 3000 metri mq di laboratorio si esce confusi e felici,
come la cantante Carmen Consoli.
E visto che oggi sono in vena di citazioni, di fronte a tanta intelligenza e creatività, vorrei citare una frase di
Einstein che potrebbe essere il motto di questa incredibile azienda siciliana fatta da toscani:
“La mente è come un paracadute, serve solo se si apre”.